4 Novembre 2015: letture dei ragazzi in presenza del Sindaco, davanti al monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre
La guerra di Piero (F. De Andre')
Dormi sepolto in un
campo di grano
non è la rosa, non è
il tulipano
che ti fan veglia
dall'ombra dei fossi
ma sono mille
papaveri rossi.
"Lungo le sponde
del mio torrente
voglio che scendano i
lucci argentati,
non piu' i cadaveri
dei soldati
portati in braccio
dalla corrente"
Cosi' dicevi ed era
d'inverno
e come gli altri,
verso l'inferno
te ne vai triste come
chi deve,
il vento ti sputa in
faccia la neve.
Fermati Piero,
fermati adesso
lascia che il vento
ti passi un po' addosso,
dei morti in
battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita
ebbe in cambio una croce.
Ma tu non lo udisti e
il tempo passava
con le stagioni a
passo di "java"
ed arrivasti a varcar
la frontiera
in un bel giorno di
primavera
E mentre marciavi con
l'anima in spalle
vedesti un uomo in
fondo alla valle
che aveva il tuo
stesso identico umore
ma la divisa di un
altro colore.
Sparagli Piero,
sparagli ora
e dopo un colpo
sparagli ancora
fino a che tu non lo
vedrai esangue,
cadere in terra, a
coprire il suo sangue.
"E se gli sparo
in fronte o nel cuore
soltanto il tempo
avra' per morire,
ma il tempo a me
restera' per vedere,
vedere gli occhi di
un uomo che muore".
E mentre gli usi
questa premura
quello si volta, ti
vede, ha paura
ed imbracciata
l'artiglieria
non ti ricambia la
cortesia.
Cadesti a terra senza
un lamento
e ti accorgesti in un
solo momento
che il tempo non ti
sarebbe bastato
a chieder perdono di
ogni peccato.
Cadesti a terra senza
un lamento
e ti accorgesti in un
solo momento
che la tua vita
finiva quel giorno
e non ci sarebbe
stato ritorno.
"Ninetta mia
crepare di Maggio
ci vuole tanto,
troppo coraggio.
Ninetta bella, dritto
all'inferno,
avrei preferito
andarci in inverno".
E mentre il grano ti
stava a sentire
dentro le mani
stringevi il fucile,
dentro la bocca
stringevi parole
troppo gelate per
sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un
campo di grano
non è la rosa, non è
il tulipano
che ti fan veglia
dall'ombra dei fossi
ma sono mille
papaveri rossi.
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Generale
di Francesco De
Gregori del 1978.
Generale, dietro la collina
ci sta la notte buia e assassina,
e in mezzo al prato c'e' una contadina,
curva sul tramonto, sembra una bambina,
di cinquant'anni di
cinque figli,
venuti al mondo come conigli,
partiti al mondo come soldati
e non ancora tornati.
Generale, dietro la stazione
lo vedi il treno che portava al sole,
non fa più fermate neanche per pisciare,
si va dritti a casa
senza più pensare,
che la guerra e' bella anche se fa male,
che torneremo ancora a cantare
e a farci fare l'amore, l'amore delle infermiere.
Generale, la guerra e' finita,
il nemico e' scappato, e' vinto, e' battuto,
dietro la collina non c'e' più nessuno,
solo aghi di pino e silenzio e funghi
buoni da mangiare, buoni da seccare,
da farci il sugo quando viene Natale,
quando i bambini piangono
e a dormire non ci vogliono andare.
Generale, queste cinque stelle,
queste cinque lacrime sulla mia pelle
che senso hanno dentro al rumore di questo treno,
che e' mezzo vuoto e mezzo pieno
e va veloce verso il ritorno,
tra due minuti e' quasi giorno,
e' quasi casa, e' quasi amore.
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