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lunedì 11 luglio 2016

4 novembre

 
4 Novembre 2015: letture dei ragazzi in presenza del Sindaco, davanti al monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre








La guerra di Piero (F. De Andre')

 

 Dormi sepolto in un campo di grano

 non è la rosa, non è il tulipano

 che ti fan veglia dall'ombra dei fossi

 ma sono mille papaveri rossi.

 

 "Lungo le sponde del mio torrente

 voglio che scendano i lucci argentati,

 non piu' i cadaveri dei soldati

 portati in braccio dalla corrente"

 

 Cosi' dicevi ed era d'inverno

 e come gli altri, verso l'inferno

 te ne vai triste come chi deve,

 il vento ti sputa in faccia la neve.

 

 Fermati Piero, fermati adesso

 lascia che il vento ti passi un po' addosso,

 dei morti in battaglia ti porti la voce,

 chi diede la vita ebbe in cambio una croce.

 

 Ma tu non lo udisti e il tempo passava

 con le stagioni a passo di "java"

 ed arrivasti a varcar la frontiera

 in un bel giorno di primavera

 

 E mentre marciavi con l'anima in spalle

 vedesti un uomo in fondo alla valle

 che aveva il tuo stesso identico umore

 ma la divisa di un altro colore.

 

 Sparagli Piero, sparagli ora

 e dopo un colpo sparagli ancora

 fino a che tu non lo vedrai esangue,

 cadere in terra, a coprire il suo sangue.

 

 "E se gli sparo in fronte o nel cuore

 soltanto il tempo avra' per morire,

 ma il tempo a me restera' per vedere,

 vedere gli occhi di un uomo che muore".

 

 E mentre gli usi questa premura

 quello si volta, ti vede, ha paura

 ed imbracciata l'artiglieria

 non ti ricambia la cortesia.

 

 Cadesti a terra senza un lamento

 e ti accorgesti in un solo momento

 che il tempo non ti sarebbe bastato

 a chieder perdono di ogni peccato.

 

 Cadesti a terra senza un lamento

 e ti accorgesti in un solo momento

 che la tua vita finiva quel giorno

 e non ci sarebbe stato ritorno.

 

 "Ninetta mia crepare di Maggio

 ci vuole tanto, troppo coraggio.

 Ninetta bella, dritto all'inferno,

 avrei preferito andarci in inverno".

 

 E mentre il grano ti stava a sentire

 dentro le mani stringevi il fucile,

 dentro la bocca stringevi parole

 troppo gelate per sciogliersi al sole.

 

 Dormi sepolto in un campo di grano

 non è la rosa, non è il tulipano

 che ti fan veglia dall'ombra dei fossi

 ma sono mille papaveri rossi.

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 Generale

 di Francesco De Gregori del 1978.

 

Generale, dietro la collina 

ci sta la notte buia e assassina, 

e in mezzo al prato c'e' una contadina, 

curva sul tramonto, sembra una bambina, 

di cinquant'anni   di cinque figli, 

venuti al mondo come conigli, 

partiti al mondo come soldati 

e non ancora tornati. 

 

Generale, dietro la stazione 

lo vedi il treno che portava al sole, 

non fa più fermate neanche per pisciare, 

si va dritti a casa  senza più pensare, 

che la guerra e' bella anche se fa male, 

che torneremo ancora a cantare 

e a farci fare l'amore, l'amore delle infermiere. 

 

Generale, la guerra e' finita, 

il nemico e' scappato, e' vinto, e' battuto, 

dietro la collina non c'e' più nessuno, 

solo aghi di pino e silenzio e funghi 

buoni da mangiare, buoni da seccare, 

da farci il sugo quando viene Natale, 

quando i bambini piangono 

e a dormire non ci vogliono andare. 

 

Generale, queste cinque stelle, 

queste cinque lacrime sulla mia pelle 

che senso hanno dentro al rumore di questo treno, 

che e' mezzo vuoto e mezzo pieno 

e va veloce verso il ritorno, 

tra due minuti e' quasi giorno, 

e' quasi casa, e' quasi amore.


























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